V.S. Naipaul

Por su visión del amor pleno y del amor frustrado, de las «medias vidas» que se viven plácidamente en el corazón de nuestro incansable mundo, esta novela del Premio Nobel de Literatura V.S. Naipaul p

Moving beyond travelogue, The Masque of Africa considers the effects of belief (in indigenous animisms, the foreign religions of Christianity and Islam, the cults of leaders and mythical history) upon the progress of African civilization. Beginning in Uganda, at the centre of the continent, Naipaul's journey takes in Ghana and Nigeria, the Ivory Coast and Gabon, and ends, as the country does, in South Africa. Focusing upon the theme of belief though sometimes the political or economical realities are so overwhelming that they have to be taken into account Naipaul examines the fragile but enduring quality of the old world of magic.

Per Naipaul, nato a Trinidad da famiglia indiana, l''India e una ferita profonda, mai rimarginata, un luogo che rimescola tutto il suo essere. E nessuno dei vari libri che all''India ha dedicato lo testimonia come questo, vero itinerario nella caligine dove le sensazioni, gli incontri, le riflessioni si mescolano in un amalgama di cui Naipaul sembra possedere il segreto. E'' un viaggio dolorante, ma qui, come ha scritto John Wain, "la sofferenza e diventata creativa invece che ottundente".

Il rapporto di Naipaul con la terra, l''India, da cui i suoi antenati partirono un secolo fa per Trinidad e sempre stato molto teso, aspro, oscuro: "Per me l''India e un paese difficile. Le sono al tempo stesso troppo vicino e troppo lontano". Ma proprio questo sentimento di consanguineita e insieme di opposizione sembra avere acuito lo sguardo dello scrittore, conferendogli il dono di una percezione snebbiata di cui molto raramente gli occidentali sono capaci in India. E l''occhio, in questo libro, segue quasi ossessivamente le tracce e i sintomi di una sola realta: l''antica, non rimarginata ferite che, anche dopo l''indipendenza, sembra condannare l''India a uno stato di cronica inadeguatezza.

Nel 1995, Naipaul torna dopo circa vent''anni in quattro paesi sconvolti in diversa misura dal trionfo dell''Islam. In Indonesia, un''antica societa pastorale ha lasciato il posto a una teocrazia governata dai grattacieli di Giakarta, dove i nuovi manager si genuflettono alla Mecca, ma senza perdere d''occhio l''andamento dei corsi nazionali. In Iran, l''ayatollah Khalkhalli e agli arresti domiciliari, mentre nella sua Qom ogni furore iconoclasta appare spento. In Pakistan, l''oro saudita con cui il presidente Zia e andato al potere e servito essenzialmente a far scatenare faide tribali. Intanto in Malesia, la gioventu islamica fa proseliti, vaticinando per la nazione un futuro da grande potenza del Sud-Est asiatico.

"Nel nostro sangue, nelle nostre ossa, nel nostro cervello portiamo i ricordi di migliaia di esseri". Si direbbe che sia innanzitutto la sfida di questo "mistero dell'eredita" a spingere Naipaul di nuovo verso Trinidad, l'isola dove e nato, fonte primaria e privilegiata delle sue storie. La via che sceglie e singolare: una sorta di romanzo-non romanzo in cui confluiscono tutte le forme, dalla narrazione autobiografica al saggio al racconto di viaggio alla ricostruzione storica, che egli ha sperimentato nella sua opera. Anche i piani temporali si intrecciano, in un tessuto che annoda i fili della memoria storica con quelli del ricordo personale. All'inizio e la vita di un singolo, alla fine saranno molte le vite che qui trovano e perdono una "via del mondo".

Piu volte nel corso della sua esistenza Naipaul e tornato con la memoria a quando, ancora bambino a Trinidad, sognava di diventare un grande scrittore. Ma non ci aveva mai raccontato come si accosto alla scrittura e, prima ancora, alla lettura; come riusci a crearsi, in una colonia alla periferia dell''impero britannico, un mondo soltanto suo, affatto estraneo alla letteratura della madrepatria sulla quale si era formato. Ne ci aveva mai confessato in che misura il legame con l''India abbia agito in profondita nella sua vita. A poco a poco, Naipaul si e reso conto che compito della sua opera letteraria sarebbe stata una tenace esplorazione di quelle "aree di tenebra" che gli erano apparse sin dall''infanzia.

Part meditation, part remembrance, and as elegant as it is revelatory, "A Writer''s People" allows for privileged insight--full of incident, humor, and feeling--into the mind of a great writer.

Salim, ein indischer Kaufmannssohn von der Ostküste Afrikas, sensibel für politische Veränderungen, verläßt die Heimat, kurz bevor sich hier ein Umbruch vollzieht, und übernimmt in einer innerafrikanischen Stadt ein heruntergekommenes Geschäft. Er versucht Wurzeln zu schlagen, Perspektiven zu gewinnen, aber die Verhältnisse bleiben labil... Der berühmteste und erfolgreichste Roman des großen Erzählers und Nobelpreisträgers. ...

This vastly innovative novel explores colonial inheritance through a series of narratives that span continents, swing back and forth between past and present and delve into both autobiography and fiction. Naipaul offers a personal choice of examples of Spanish and British imperial history in the Caribbean, including an imagined vision of Raleigh's last expedition and an introduction to Francisco de Miranda, a would-be liberator and precursor to Bolivar, which are placed within a context of echoing modernity and framed by two more personal, heavily autobiographical sections sketching the narrator - an eloquent yet humble man of Indian descent who grew up in Trinidad but spent much of his adult life in England and Africa. Meditative and dramatic, these historical reconstructions, imbued with Naipaul's acute perception, drawn with his deft and sensitive touch, and told in his beautifully wrought prose, are transmuted into an astonishing novel exploring the profound and mysterious effect of history on the individual.

From V. S. Naipaul: For my travel books I travel on a theme. And the theme of "The Masque of Africa" is African belief. I begin in Uganda, at the centre of the continent, do Ghana and Nigeria, the Ivory Coast and Gabon, and end at the bottom of the continent, in South Africa. My theme is belief, not political or economical life; and yet at the bottom of the continent the political realities are so overwhelming that they have to be taken into account. Perhaps an unspoken aspect of my inquiry was the possibility of the subversion of old Africa by the ways of the outside world. The theme held until I got to the South, when the clash of the two ways of thinking and believing became far too one-sided. The skyscrapers of Johannesburg didn't rest on sand. The older world of magic felt fragile, but at the same time had an enduring quality. You felt that it would survive any calamity. I had expected that over the great size of Africa the practices of magic would significantly vary. But they didn't. The diviners everywhere wanted to 'throw the bones' to read the future and the idea of 'energy' remained a constant, to be tapped into by the ritual sacrifice of body parts. In South Africa body parts, mainly of animals, but also of men and women, made a mixture of 'battle medicine'. To witness this, to be given some idea of its power, was to be taken far back to the beginning of things. To reach that beginning was the purpose of my book.